Allarme PIL Italia: tasse, energia e fine del PNRR frenano la crescita. L’analisi di Luigi Carfora (Confimi Industria Campania)

07.12.2025

💥 ALLARME PIL: l'Italia rallenta mentre la Spagna accelera — con il peso delle tasse e dell'energia che frena il nostro potenziale

Analisi a cura di Luigi Carfora, Presidente di Confimi Industria Campania e del Consorzio Suggestioni Campane Promotion

Alla data del 7 dicembre 2025, i dati indicano che il PIL dell'Italia crescerà solo dello 0,4% (secondo la Commissione Europea), mentre la Spagna punta a un +2,9%. Questa divergenza non è solo una questione di dinamiche occupazionali o produttività: ci sono due zavorre economiche molto concrete che spesso non vengono messe al centro del dibattito come dovrebbero, ma che condizionano pesantemente la crescita.

📌 Due freni strutturali che pesano sull'Italia

Pressione fiscale elevata

L'Italia ha uno dei carichi fiscali più alti in Europa per lavoratori e imprese. La combinazione di imposte sul reddito, contributi sociali e tasse sulle imprese riduce in modo significativo le risorse che possono essere reinvestite nello sviluppo produttivo.

Un'alta pressione fiscale scoraggia l'innovazione e gli investimenti: le imprese italiane, sotto il peso delle tasse, hanno meno margine di manovra per assumere, automatizzare o adottare tecnologie più produttive.

Questo non è un problema di breve periodo: è sistemico. Quando il sistema fiscale assorbe una quota così alta della ricchezza generata, parte del valore viene "catturato" dallo Stato e non reinvestito nel tessuto produttivo, rallentando la crescita di lungo termine.

Costi energetici elevati + gravame fiscale sull'energia

I costi dell'energia in Italia rimangono tra i più alti in Europa per imprese e famiglie, influenzando direttamente la competitività delle imprese italiane rispetto a quelle di altri Paesi (compresa la Spagna).

A ciò si aggiunge un pesante carico fiscale sull'energia: l'energia per i consumatori e per le imprese non è solo costosa per il mercato, ma è soggetta a imposte, accise e IVA, che aumentano ulteriormente il peso sulla bolletta.

Questo doppio effetto (costo "di base" + tasse sull'energia) riduce la margine per gli imprenditori: più risorse vengono spese solo per il funzionamento, meno rimangono per investimenti in innovazione, efficienza o espansione.

⚖️ Perché questi fattori fanno la differenza tra Italia e Spagna

In Spagna, oltre a una regolamentazione dell'energia forse meno penalizzante, il peso fiscale complessivo su imprese e lavoro è più contenuto, lasciando spazio maggiore a investimenti, innovazione e crescita produttiva.

Le imprese spagnole, potendo dedicare una parte maggiore delle loro risorse a modernizzazione e digitalizzazione, migliorano la produttività per ora lavorata, che è proprio uno dei punti in cui l'Italia sta perdendo terreno.

In Italia, invece, l'aumento dei costi fissi (energia + tasse) erode i margini operativi e rende più difficile finanziare processi di trasformazione che richiedono capitale: il risultato è una crescita del PIL più lenta, più dipendenza da ore lavorate rispetto a efficienza, e una minore attrattività per investimenti esterni.


👉  L'impatto reale del PNRR (fonti: UE, ISTAT, Corte dei Conti)

👉 Secondo la Commissione Europea, il PNRR ha sostenuto in modo decisivo la crescita italiana tra il 2021 e il 2024, con investimenti pubblici triplicati rispetto ai livelli storici e una dotazione complessiva confermata a 194,4 miliardi di euro.

👉 La Corte dei Conti, nella Relazione semestrale 2025, afferma che il PNRR ha rappresentato "un impulso straordinario alla spesa per investimenti", pur evidenziando ritardi amministrativi e capacità attuativa disomogenea.

👉 ISTAT, nelle audizioni parlamentari, conferma che il PNRR ha avuto un impatto misurabile su digitalizzazione, infrastrutture e transizione energetica, con effetti strutturali che emergeranno pienamente nel medio periodo.

👉 Senza il PNRR, secondo analisi citate dal Sole 24 Ore basate su dati UE, la crescita italiana sarebbe stata significativamente più bassa, poiché il Piano ha sostenuto domanda interna, produttività e investimenti.

👉 Il rischio quando i fondi PNRR termineranno

👉 La Commissione Europea avverte che l'Italia rischia un "effetto cliff": un crollo improvviso degli investimenti pubblici dopo il 2026, se non verranno trovate risorse sostitutive.

👉 La Corte dei Conti segnala che, senza una strategia di continuità, la spesa per investimenti potrebbe tornare ai livelli pre‑PNRR, insufficienti per sostenere crescita e competitività.

👉 ISTAT sottolinea che molti progetti avviati necessitano di finanziamenti pluriennali: interromperli significherebbe perdere gli effetti moltiplicativi già generati.

👉  Le alternative possibili secondo UE e istituzioni nazionali

Le opzioni oggi considerate più realistiche sono:

  • Nuovo ciclo di fondi europei 2027–2034, attualmente in discussione.

  • Rafforzamento dei fondi strutturali e del Fondo di Coesione.

  • Maggiore ricorso alla BEI (Banca Europea degli Investimenti) per progetti strategici.

  • Partenariati pubblico‑privati (PPP) per infrastrutture, energia e digitalizzazione.

  • Aumento della capacità di investimento nazionale, tramite riforma fiscale e revisione della spesa.

👉 Tutte le istituzioni concordano: senza una strategia di sostituzione, l'Italia rischia di perdere il principale motore di crescita degli ultimi anni.

🚨 Conclusione con urgenza

Se l'Italia vuole invertire la rotta e lasciare davvero il segno in questa nuova era economica, non basta più contare solo su contributi europei o su politiche di incentivo generiche. Serve:

  • Una riforma fiscale coraggiosa: ridurre l'onere fiscale su imprese e lavoro per liberare risorse da reinvestire.

  • Una strategia energetica ambiziosa: abbassare i costi energetici, ridurre le accise sull'energia, incentivare le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica nelle imprese.

  • Politiche industriali che favoriscano la trasformazione: sostenere investimenti in innovazione, automazione, economia verde, in modo che l'Italia produca di più con meno risorse — anche in un contesto fiscale ed energetico competitivo.

Senza queste misure, il +0,4% stimato per il 2025 non è solo una previsione prudente: è la fotografia di un modello economico che rischia di non essere più all'altezza.

Luigi Carfora 

Presidente di Confimi Industria Campania 

Presidente del Consorzio Suggestioni Campane Promotion

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